IL PUNTO
n. 954 del 10 maggio 2024
di MARCO ZACCHERA
Per
scrivermi o contattarmi: marco.zacchera@libero.it
Numeri
arretrati sul mio sito www.marcozacchera.it
Sommario: W l’
eterna Letizia,
mentre scattano le manette per Toti
riscaldando il clima della campagna elettorale. Giusto arrestarlo per
fatti conclusi di 4 anni fa, 72.100 euro di contributi dichiarati sono una
“tangente” da obbligare ora all’arresto? Perchè 5 anni di intercettazioni e ua
richiesta di arresto cos' urgente che è rimasta 4 mesi alla firma del GIP? Se
lo chiede anche Nordio,
e così scatta un’altra polemica. A proposito di indagini: se è colpa di Orban la detenzione di Ilaria Salis a
Budapest, allora è colpa di Biden
l’arresto violento di Falcinellli
a Miami?
Intanto, a
suon di petrodollari, proprio l’Arabia
Saudita assume la presidenza della Commissione Onu sui diritti
delle donne, il che appare davvero come una assurdità.
In Italia i
David di Donatello
sottolineano come la “Kultura” sia solo “cosa loro” soprattutto nel cinema,
mentre in RAI
si riapre il dibattito. Ritorno infine sulla guerra in Ucraina: vorrei più
trasparenza informativa e l’avvio vero di tentativi di pace.
AI LETTORI:
ricevo molte mail di apprezzamento, domande, critiche, attestazioni di stima
ecc.
Perchè non
"concretizzate" gli elogi mandandomi indirizzi mail di nuovi lettori?
Grazie!
ALLEGRI, RITORNA LETIZIA!
Letizia
Maria Brichetto Arnaboldi “detta Letizia Moratti” ritorna
sulla scena politica candidandosi questa volta alle europee nelle fila di Forza
Italia. Chissà se qualcuno ricorda che
solo un anno fa si era candidata contro il centro-destra
(che sosteneva Attilio
Fontana, di cui proprio lei era stata assessore al welfare)
come presidente della Regione Lombardia, ma con un risultato così deludente che
rimase esclusa perfino dal consiglio regionale. La Letizia adesso ci riprova
dopo che è fallito pure il suo tentativo di creare il “polo Moratti” alle
Europee mettendo insieme Matteo
Renzi di Italia Viva, Mariastella Gelmini di Azione, Gianfranco Librandi di +Europa, gli ex PSI Claudio Signorile e Giampaolo Sodano, l’ex ministro CL Mario Mauro, l’ex sindaco di Messina Cateno De Luca, l’ex PD Giuseppe Fioroni, Giacomo Portas dei Moderati, l’ex ministro Gaetano Quagliariello ecc.ecc. Tanti generali
per poche truppe, ma alla fine non ne è venuto fuori niente (i maligni dicono
perché ovviamente lei ne voleva assumere il comando supremo). Rimasta
nuovamente vedova (questa volta politicamente), Forza Italia – comprensiva – le
ha riaperto le braccia e la signora Brichetto
è così tornata all’ovile vedendosi addirittura assegnato il posto di capolista
azzurro nel nord-ovest. W la coerenza e la Sua lieta modestia!
DIRITTI DELLE DONNE: VERGOGNA ONU
Come
nell’Iran sciita anche in Arabia Saudita, nota nazione “democratica” riverita
ed ossequiata da tutto l’Occidente, si va in galera (e peggio) anche solo per
come ti vesti. La giovane Manahel
al-Otaibi è stata per esempio condannata a undici anni da un
tribunale antiterrorismo per la sua «scelta di abbigliamento» e per il suo
«sostegno ai diritti delle donne». Il verdetto – confermato alla Commissione
per i diritti umani dell’ONU dallo stesso governo saudita - è stato comunicato
dopo un’udienza segreta del tribunale antiterrorismo, dove Manahel è stata
giudicata colpevole sulla base di una legge che criminalizza l’uso della rete
web per «trasmettere o pubblicare notizie, dichiarazioni, voci false o
dannose». E adesso mettetevi a ridere (o a piangere): dal 25 marzo proprio
l’Arabia Saudita presiede la Commissione
delle Nazioni Unite sui
diritti delle donne. Il che la dice lunga sulla credibilità
dell’ONU.
IL DAVID CON IL TORCICOLLO A SINISTRA
Se qualcuno
in Italia ha ancora dei dubbi su chi maneggi veramente la cultura del nostro
paese condizionando i contributi di stato ed abbia solide e partigiane
coperture al Quirinale e dintorni, controlli com’è finita questa edizione del
premi “David di Donatello”.
Con la
benedizione di un Mattarella particolarmente ispirato (a sinistra) potrete verificare
come tutti i premi, le citazioni, le onorificenze e le patacche varie - ma
soprattutto i relativi contributi economici - siano finiti in mano a pellicole
di sinistra.
Gli stessi
film che hanno clamorosamente fallito sul piano internazionale (vedi “Io Capitano”) sono
finalmente riuscite a trionfare “in casa” dove se le suonano e se la cantano e
soprattutto girano i soldi e gli aiuti ministeriali. Statuette in
quantità (13 a 2 soli film!) perché la cinematografia italiana o è nel circuito
legato alla sinistra o non è e non può essere: questa è la sacrosanta verità
nonostante qualche tentativo del "postfascista" ministro Gennaro Sangiuliano di
rompere il cerchio e denunciare il commercio di contributi “culturali”
assegnati con criteri spudoratamente politici.
Che poi i
film siano un flop al botteghino non fa che rincarare la dose: il popolo –
sostengono - è impreparato, superficiale, omofobo, qualunquista. Solo “loro”,
gli eletti nomi della Kultura "impegnata" detengono la Verità e
quindi hanno ed ottengono spazio ed ossequi.
E adesso
c’è anche la RAI
dove parte dei giornalisti protestano per “la mancanza di libertà”. Ma chi li
assunse in RAI, con quali sponsor? I signori giornalisti di sinistra (ovvero
quasi tutti) prendano atto che non tutto il paese la pensa con loro e che il
pluralismo è necessario, altro che considerarlo (da loro) “censura”! Non
contano tanto i secondi dei Tg divisi tra i partiti, ma il “taglio” dei
programmi e in RAI - come a La7, su NOVE ecc. – questi sono quasi tutti ancora
ossessivamente, politicamente “targati” , dai comici alle interviste,
dalla ricostruzione dei fatti alle news.
Libertà e
pluralismo, certo, ma almeno la RAI visto che è (dovrebbe) essere un servizio
pubblico per cui si paga un canone è necessario che sia davvero pluralista!
Approfondimento: ANCORA UCRAINA
Qualche
lettore non sarà d’accordo con me, ma insisto che sull’Ucraina stiamo
profondamente sbagliando e percepisco poca trasparenza informativa. Se il
Pentagono informa che i russi avrebbero usato armi chimiche vietate vanno date
delle prove o la news vale come le smentite del Cremlino, ma è ovvio l’impatto
psicologico della notizia (peraltro durata un giorno). Se poi si sostiene che
Mosca sta progettando attentati in Europa bisogna anche qui avere un minimo di
prove, se le prove sono un articolo del Financial Times quali sono le sue
fonti? Se vengono solo “dai servizi segreti” siamo al punto di partenza e
davanti ad un possibile depistaggio (vedi gasdotto sottomarino nel Baltico,
tuttora distrutto da ignoti). Intanto i russi avanzano e il presidente francese
Macron ribadisce che se le cose andranno avanti così è ora di pensare di
mandare truppe NATO o addirittura specificatamente europee direttamente al
fronte per contenerne l’offensiva.
In Italia
il governo si è già detto comunque contrario, ma è Mattarella ad insistere
sulla “difesa comune europea”. Chi gli scrive i discorsi dovrebbe però far
spiegare al Presidente anche chi ne avrebbe poi il controllo e il comando
effettivo, quali sarebbero i paesi contribuenti e soprattutto attraverso quali
fornitori si procederebbe a potenziarne l’armamento comune perché – una volta
di più – c’est l’argent qui
fait la guerre e i francesi sono attentissimi a questo aspetto.
La loro
potente industria degli armamenti ovviamente “tifa” perché la guerra prosegua,
così come i loro colleghi oltre atlantico che la scorsa settimana sono stati
rifocillati con oltre 100 miliardi di dollari dei quali oltre 60 per il fronte
ucraino.
Di questi,
però, 23 rimarranno negli USA per riapprovvigionare i magazzini, 13 andranno a
sostenere direttamente le forze armate ucraine, 12 saranno destinati per
“operazioni militari in Europa”, 7,85 miliardi andranno in “prestito” a Kiev
per sostenerne il bilancio, non si sa con quali controlli.
Pochi hanno
notato che mentre il Congresso americano stava ancora votando, i missili
“Patriot” erano già stati
forniti a Kiev nei giorni precedenti. Il Patriot è un missile a medio raggio
PAC-3 lungo più di cinque metri, pesa quasi una tonnellata con un motore a razzo
che imprime al missile una velocità mach 5,1 (6.500 km/ora). Costa da uno a 3
milioni di euro al colpo, a seconda delle versioni. Con i Patriots andranno a
Kiev anche missili Atacms e dai paesi NATO missili Samp/T, droni e vario
materiale anche italiano. Cosa stiamo inviano, chi controlla? Non si sa, ma se
qualcuno volesse riflettere a quanto costi una guerra moderna immagini cosa si
potrebbe realizzare in aiuti umanitari solo con il costo di uno e un solo
missile di quelli lanciati quotidianamente e comprenderà come l’umanità stia
veramente correndo fuori carreggiata.
Ma
insistere su questo tema, sottolineare – come si sgola solitario ed invano Papa
Francesco - la necessità di avviare comunque delle trattative di pace, valutare
l’opzione di non dare solo spazio alle armi non interessa all’informazione
calata “dall’alto” e nessuno sembra rendersi conto della sottile pressione
psicologica che viene esercitata ogni giorno sulla gente, addirittura nei
termini usati (gli ucraini “colpiscono”, i russi “uccidono”).
Mattarella
va all’ONU e sostiene che l’Italia vuole la pace. Ottimo, ma cosa facciamo per
realizzarla oltre a fornire nuove armi? Se poi vuole attivarsi la Svizzera è
benvenuta, anche se sarà difficile costruirla se non ascoltando anche la
Russia, visto che è l’assalitrice ma comunque anche una parte in causa.
Eppure la
maggioranza degli europei (e soprattutto degli italiani) è sempre più contro le
forniture militari a Kiev, ma sembra che nessuno ne tenga in minimo conto.
Visto poi
che la guerra costa (l’ossessione sui costi è quotidiana, il fattore umano
secondario) per finanziare in parte la nuova fornitura l’idea è quella di
liquidare i beni e i fondi russi congelati in Occidente, poi però ci si
stupisce e si protesta se Mosca “nazionalizza” la Ariston russa e altre ditte
italiane. Portare nella NATO Svezia e Finlandia, costruire in Romania una
grande base NATO, posizionare armi nucleari in Polonia aiuta la pace o dà
pretesti alla Russia?
Intanto
Zelensky (il cui mandato presidenziale è scaduto, ma nessuno lo dice, né si
parla di nuove elezioni) è sempre più debole anche perché gli è venuto meno
parte dell’appoggio interno, la mafia ucraina va alla grande, gli ucraini
dell’ovest odiano quelli dell’est (altro aspetto taciuto dai media), nessuno
vuol più fare il militare, mentre l’Europa continua a risentire economicamente
della guerra in modo pesante.
Ma di tutte
queste cose non si parla mai, come si sostiene che comunque Putin non
accetterebbe mai una tregua. Se nessuno gliela propone non si può però averne
conferma, anche se un cessate il fuoco era più facile (e conveniente) quando
Zelensky era ben più forte di ora, visto che intanto la Russia vende gas e
petrolio a tutti, se ne frega delle sanzioni, sviluppa il suo PIL, compra
liberamente armi nel mondo, rilancia gli stati della BRICS mentre le potenze
del G7 restano con il cerino in mano.
Conviene
andare avanti, testardamente, affrontando il problema Ucraina sempre allo
stesso modo dopo 25 mesi di guerra? Mi pare assurdo.
Modesta
proposta: e se l’Occidente in cambio di una tregua offrisse di sospendere parte
delle forniture a Zelensky oppure a tenerle fuori dall’Ucraina? Allora, forse,
uno stop converrebbe anche al Cremlino.
BUONA
SETTIMANA A TUTTI MARCO ZACCHERA
Sono nato a Verbania, sul Lago Maggiore, in una famiglia che da secoli ha le sue radici all’Isola dei Pescatori che è quindi da sempre la mia prima piccola patria.
Quando dopo qualche anno di università la Patria si è ricordata di me - allora la naja era obbligatoria – anziché mandarmi tra i paracadutisti - come speravo- mi ha spedito a Pontebba (Udine), a fare l’artigliere da montagna con il mulo al seguito. Pazienza, da allora ho portato la penna sul cappello (e sono con piacere socio dell’ANA) anziché il basco amaranto.
Quasi alla fine del servizio militare (ed era la prima volta che andavo a votare) mi sono candidato al consiglio comunale della mia città, mi hanno subito eletto e di lì ho cominciato la carriera, cresciuta – è il caso di dire – dalla gavetta: dal comune alla provincia, al consiglio regionale del Piemonte nel 1990. In quegli anni essere di Destra significava lavorare seriamente ma essere emarginati, ritrovandosi spesso da soli in un ruolo di dura quanto difficile opposizione, ma è proprio in quel periodo che ho maturato esperienza e rafforzato le mie scelte per costruire una politica che - allora come oggi - intendevo e intendo trasparente, impegnata e concreta. Amavo ed amo stare in mezzo alle persone, discutere con loro, vivere i loro problemi.
Nel ’94 la mia prima candidatura al Parlamento sostenuta e vinta con l'aiuto di oltre 110.000 piemontesi che mi hanno voluto a Montecitorio, unico eletto di Alleanza Nazionale in tutta la circoscrizione del Piemonte 2. La mia circoscrizione elettorale era composta da ben 7 province ma non ho mai mancato ad un appuntamento, ad un incontro.
Subito dopo l’elezione alla Camera Gianfranco Fini mi ha chiamato ad impegnarmi come dirigente nazionale di partito e sono stato così l’ultimo responsabile del dipartimento Organizzazione del MSI-DN prima della fondazione di Alleanza Nazionale e vi ricordate forse il famoso congresso a Fiuggi – quando è stata fondata AN - che ho organizzato proprio io come segretario generale del congresso.
Mi hanno poi rieletto alla Camera nel 1996 e nel 2001 nel collegio uninominale di Verbania-Domodossola, dove AN e la allora "Casa delle Libertà" hanno quasi sempre conquistato la più alta percentuale regionale. Sono stati gli anni più belli perchè con l'elezione diretta a deputato ero in rapporto diretto con i miei elettori che cercavo quindi di rappresentare bene ogni giorno.
Il mio collegio elettorale era terra di montagna e di laghi, ma non c'è un paese, una frazione e forse anche solo un gruppo di case dove io non sia passato, magari organizzando anche un incontro, un dibattito, una conferenza stando vicino ai problemi della "mia" gente soprattutto quando vi erano momenti di maggiore difficoltà. Organizzavo i miei "Rapporto agli elettori" nelle piazze o nelle palestre, nei saloni dei ristoranti o in quelli parrocchiali e cercavo sempre soprattutto di spiegare con parole semplici cosa succedeva a Roma e perché tante cose non si riuscivano a risolvere, così come per anni ed anni alla TV locale ogni settimana la mia rubrica "Onorevole, permette?" era aperta a tutti.
In quegli anni ho diretto l dipartimento Enti Locali di AN e, dal 2002, sono stato - fino alla fine della storia di Alleanza Nazionale - il responsabile del dipartimento Esteri in contatto (anche perché facevo parte della Commissione Esteri) non solo con moltissime figure politiche mondiali ma soprattutto con gli italiani che vivono nel mondo.
Dal 2001 fino al 2012 sono stato componente e anche presidente per cinque anni della delegazione Italiana alla UEO (Unione Europea Occidentale) che si occupava di difesa e sicurezza europea e sono stato membro del Consiglio d’Europa a Strasburgo.
Nel 2005 mi sono nuovamente laureato, questa volta in "Storia delle Civiltà" e sempre a pieni voti con una tesi sui rapporti nel campo della sicurezza tra Unione Europea ed USA dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Nel 2006 e nel 2008 sono stato rieletto deputato per un totale di cinque legislature e 18 anni passati a Montecitorio.
Leggendo qualcuno penserà ad esagerazioni ed invece no: lavorando seriamente si può fare tutto questo senza molti problemi (senza autista o auto blu!) e sono sempre rimasto stupito come nelle statistiche risultassi uno dei deputati più attivi per interventi o iniziative parlamentari perché davvero non mi sembrava di esagerare, ma solo – appunto – di impegnarmi seriamente visto d'altronde lo stipendio che ci davano e che imponeva impegno e responsabilità.
Come ho scritto in uno dei miei libri, "STAFFETTE", che ho dedicato ai giovani di oggi (e che vi invito a leggere perché racconta un po’ tutto di me e della politica di questi anni) non ho mai amato l’apparato del potere, i lussi inutili, gli sprechi di quel mondo falso e senza onore che sta da tempo distruggendo l’anima della gente e la natura intorno a noi. Concetti che riprendo anche in "INVERNA", un nuovo titolo uscito nell’autunno 2012.
Nella mia vita ho avuto la fortuna di viaggiare (per ora) in 139 paesi del mondo ma una svolta importante nella mia vita è venuta nel 1980 quando ho iniziato a lavorare in Africa sul Lago Turkana, in un villaggio di poveri pescatori insegnando loro a pescare. Da allora mi sono reso conto che i problemi non sono mai solo personali, ma anche di tutta l’umanità e che dobbiamo essere comunque grati e contenti verso il "Grande Capo" per tutto quello che abbiamo e che troppe volte diamo per scontato.
Per dare una risposta concreta ho così fondato i VERBANIA CENTER che operano dal Kenya al Mozambico, dal Burundi al Sud America e che oggi sono organizzati in un "Fondo" all'interno della Fondazione Comunitaria del VCO. In oltre 40 anni abbiamo realizzato più di 100 iniziative di sviluppo sociale ed investito oltre 700.000 euro.
Dal Darfur all’Afghanistan, dal Burundi a Timor Est, dal Corno d’Africa al conflitto Mediorientale ho anche visto e vissuto direttamente anche i drammi di tante guerre dimenticate,così come la realtà di tantissimi italiani all’estero che meriterebbero ben più attenzione e rispetto e che invece troppe volte in patria non sono assolutamente considerati.
Credo che si debba essere sempre delle persone semplici: il titolo di onorevole o quello di commendatore non mi sono mai piaciuti, non per niente i miei genitori mi hanno chiamato Marco, il che suona molto meglio e se non mi conoscete di persona ed avrete occasione di contattarmi per favore chiamatemi così.
Qualcuno dice che sono stato un deputato e un politico anomalo... non so, io so soltanto che di dentro mi sento davvero sempre il ragazzo di una volta, quello che parlava al megafono tra le urla (o peggio) nelle assemblee studentesche oppure che prendeva la parola solo contro tutti in consiglio comunale e vorrei ancora essere capace di cambiare sul serio, in meglio, questa Italia che amo e la nostra società dove ci sono ancora tante, troppe ingiustizie.
Anno dopo anno, però, ho scoperto che non sono le ideologie a fare le differenze, ma la qualità delle persone e ne ho trovate di valide e corrette in ogni formazione politica.
E' stata una grande avventura, un onore ed un orgoglio e nel 2012 - anche se avrei potuto rinviare questa scelta - ho anche volontariamente lasciato Montecitorio per svolgere questo incarico a tempo pieno. Per quattro anni ho dato tutto me stesso per la mia città, senza orari né limiti, cercando (gratis) di aiutare e di ascoltare sempre tutti con il massimo impegno possibile. Certo non ho mai fatto discriminazioni di alcun tipo e mi spiace che a volte qualche avversario (ma soprattutto qualche collega di centro-destra) non abbia capito che amministrare una città significa andare ben al di sopra delle opinioni politiche.
Nel 2013 ho scelto di dimettermi da sindaco perchè la mia maggioranza (come il centro-destra a livello nazionale) si era divisa, ma soprattutto sono stato spinto a farlo – e ne ho poi avuto conferma dalle indagini giudiziarie – perché alcune persone a me vicine avevano tramato contro di me diffondendo maldicenze e assurdità: una pagina brutta, una grande sofferenza e delusione che mi ha ferito profondamente.
La “Giustizia” degli uomini mi ha dato completamente ragione ma mi è rimasto il peso di essere stato costretto a lasciare un incarico al quale tenevo, dove ci mettevo il cuore senza risparmiarmi. Ci tenevo perché mi avevano eletto quei miei concittadini che, a larga maggioranza, mi conoscevano di persona e avevano avuto fiducia in me , passano gli anni ma e' una ferita che non si e' rimarginata.
Ho così concluso la mia carriera elettiva ma ho continuato nei miei impegni perché ci sono infinite cose da fare.